19 novembre 2007

Solito tran tran

Suona la sveglia, stavo sognando qualcosa di piacevole, ma non mi ricordo cosa.
Premo il tasto "postponi" sul telefonino e guadagno altri cinque minuti di sonno ma, esauriti questi, mi ritrovo allo stesso punto, solo che ora mi tocca fare più in fretta, ripeto l'operazione e ne dormo altri cinque.
Passo, come al solito, in rassegna varie scuse per potermi assentare da un lavoro che, ormai da tempo, non mi offre più motivazioni, ma senza esito, così mi alzo, mi lavo, mi vesto (in fretta, comincia a fare freddo) e scappo senza fare colazione.
Sono in strada, la periferia di Milano è grigia come il mio morale.
Sull'autobus sempre le stesse facce: ormai ho imparato a determinare se e quanto sono in ritardo basandomi unicamente sulle persone che sono con me sul quell'automezzo.
Si tratta prevalente di arabi e orientali, buona parte di loro puzza.
Sono in ritardo, mi preoccupo un attimo, poi realizzo che non possono ne licenziarmi per questo ne togliermi un premio che non mi hanno mai assegnato.
Mi guardo attorno. C'è una ragazza che non ho mai visto, mi piace.
Mi soffermo con lo sguardo sugli occhi scurissimi, sulla sua soffice chioma nera e poi osservo le labbra cosi ben definite e la gobbetta sul naso tipica di chi ha portato gli occhiali per molto tempo: davvero carina.
Lei parla al telefonino incurante della folla e sta seduta con le punte dei piedi convergenti, due cose che m'infastidiscono, ma che le "perdono" perché… forse perché ho bisogno di fare sesso e farmi meno menate, mi sento solo.
Arriva la mia fermata: c'è, come sempre, uno impalato davanti all'uscita che mi tocca aggirare a fatica, cercando (senza successo) di non toccarlo a causa delle sue condizioni poco igieniche.
Come da copione arrivo in ufficio ancora assonnato, è iniziata una giornata come tante con la sola particolarità che si tratta di un lunedì e ne ho altre quattro analoghe da affrontare prima del fine settimana. Sono stanco.

12 novembre 2007

Black out

Quando
si
esauriscono
gli
argomenti
validi
di
cui
parlare,
meglio
riflettere
in
silenzio
su
qualche
cosa
di
interessante
da
dire.